Nell’ipotesi in cui un correntista di una banca denunci di non aver sottoscritto un assegno pagato dalla banca ad un terzo, spetta alla banca dimostrare di aver agito con diligenza e di aver verificato, con rigore, la corrispondenza tra la firma sull’assegno e lo specimen depositato. In caso contrario, la banca è tenuta al rimborso integrale delle somme addebitate al proprio cliente per il pagamento dei suddetti assegni. Questo è il principio espresso dal Tribunale di Prato con la sentenza del 11 novembre, con la quale si descrive con chiarezza il profilo della responsabilità della banca per il pagamento di assegni presentati all’incasso anche se con firma falsa, nonché la azioni riconosciute alla banca stessa, nei confronti degli altri istituti di credito o di terzi che hanno beneficiato dell’assegno emesso con firma risultata, successivamente, apocrifa.
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