Un magistrato invaghitosi di una sua collega ha deciso di corteggiarla inviandole messaggi a raffica e chiedendo continuamente un appuntamento. La vittima entrata in un forte stato di ansia, ha iniziato ad aver paura per la propria incolumità.
Le Sezioni Unite della Cassazione, sent. n. 7042/2013 del 21.03.2013, si sono espresse sul caso su citato, stabilendo che un corteggiamento troppo invasivo che genera nella vittima un forte stato di ansia e le provoca timore o paura per la propria incolumità, integra il reato di stalking.
Secondo gli ermellini si parla di stalking quando si concretizza una di queste tre condizioni:
– provocare un grave e continuo stato di ansia nella vittima;
– far nascere un forte timore per la propria incolumità o per quella di un suo conoscente;
– costringere la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita.
I giudici della corte sottolineano che per provare lo stato di ansia della vittima non serve un referto medico, ma è sufficiente la testimonianza di quest’ultima che ha perso la serenità quotidiana.
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