Il mobbing, non viola solo la dignità della persona ma pesa negativamente sull’azienda: demotiva i dipendenti, riduce la produttività e aumenta l’assenteismo.
Il reato di cui all’articolo 572 cp (maltrattamenti in famiglia) «non può essere ravvisato nelle grandi aziende perché tali comportamenti possono essere attribuiti ad uno o più organi di comando, quindi non si può affermare che l’azienda nel suo complesso abbia maltrattato il dipendente il quale, è tutelato da varie garanzie che gli consentono di reagire alle ingiuste offese». Tribunale di Milano, 30 settembre 2011.
Il reato di mobbing si può configurare quando ci sono:
– Pressioni psicologiche (sarcasmo, discredito);
– Calunnie sistematiche (diffamazioni, maldicenze);
– Maltrattamenti verbali e offese personali, anche di fronte ad altri;
– Minacce o atteggiamenti intimidatori (urla);
– Rimproveri e critiche immotivate o atteggiamenti ostili;
– Isolamento e svuotamento delle mansioni;
– Compiti esorbitanti o eccessivi (o inutili e frustranti)
Secondo la Cassazione penale, sezione VI, 6 febbraio 2009 sentenza n. 227 “Nel nostro Codice penale, non v’è traccia di una specifica figura incriminante per contrastare tale pratica persecutoria definita mobbing ma è solo vagamente assimilabile nell’articolo 572 Codice penale […]».
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