La crisi ha generato una forte disoccupazione che avvolte viene resa ancor più gravosa da coloro che hanno il privilegio di lavorare, ma non la responsabilità e la coscienza di svolgere il proprio lavoro con etica e diligenza. A dimostrazione di ciò è il caso di un’infermiera che nell’anno 2000 doveva prendere servizio alla ASL di Fermo il 1°agosto e che solo il 5 gennaio del 2002, seppe dalla stessa ASL, che le era stato spedito un telegramma di assunzione, mai arrivato e archiviato nell’ufficio postale di Paglieta perché reputato illeggibile.
Il postino avrebbe dovuto attivarsi per risolvere il problema tramite l’utilizzo del codice dell’ufficio dell’emittente, ma non fece nulla e la sua inadempienza ha pesantemente penalizzato la vita della donna, che per gli anni successivi ha dovuto ripiegare su impieghi di fortuna, in quanto il suo sogno era infranto ed i tempi per l’inserimento nella graduatoria erano ormai scaduti.
Per questo l’infermiera ha richiesto un risarcimento, citando le Poste Italiane in giudizio.
Il giudice del tribunale civile di Lanciano, Giovanni Nappi si è espresso, condannando le Poste Italiane a risarcire la donna per i soli danni patrimoniali subiti e non quelli biologici e psicologici, per una somma pari a 127.312 euro.
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